Riaprire la teca del Presepe dopo tanti anni e per la prima volta da solo, senza essere guidato da mio padre nella estrazione delle statue, mi ha fatto una certa impressione; infinite volte le avevo sistemate ed adattate alla scena, lucidate e spolverate, ma farlo in solitudine mi ha dato il senso del tempo irreversibilmente trascorso.
Non avrei probabilmente messo mano alla scena presepiale che venne ideata e realizzata dal Prof. Di Tuoro, allora scenografo alla Fenice di Venezia, se non fosse stato Marco D’Apuzzo a chiedermelo, per me più che un fratello; lui che da ragazzo aveva visto formarsi quell’opera era il solo che poteva chiedermi di “scomporla”, anche soltanto in parte e per qualche tempo appena.
Così, vinti l’emozione ed un certo imbarazzo, ho estratto una dopo l’altra le statue prescelte per essere esposte in queste Festività natalizie al Museo Davia Bargellini che già in passato ospitò la “Scarabattola”; quindi, le ho poste volentieri nelle mani del mio amico Conservatore, perché potessero essere ammirate fuori del loro ambiente d’origine, quella città unica e meravigliosa posta sul golfo ed in fregio al Vesuvio che nel Presepe ha trovato una delle espressioni più vive e profonde delle propria anima e del modo di essere dei propri abitanti.
Popolani, nobili, pastori, ognuno con il proprio costume, la propria espressività… scene di strada, di osteria, di bottega e poi animali, piccoli e grandi, indigeni e provenienti da altre Terre, in una teoria caotica che non lascia spazio né alla superbia, né alla miseria, ma che vede tutti i protagonisti avvolti da un senso drammatico quanto gioioso della Vita: è una comunità di persone che si muovono trovando ognuna il proprio ruolo, la propria dimensione, il proprio spazio all’interno dell’insieme, creando un senso plastico di vicinanza, condivisione, consonanza e mutuo rispetto.
Si tratta di un’opera d’arte, affatto cadetta a quelle più convenzionali, capace di unire l’eccellenza degli Autori alla fantasia di chi ne va ad integrare le opere all’interno di una rappresentazione nella quale reca il proprio contributo di estetica ed armonia; proprio questa forse fu la caratteristica del Presepe napoletano settecentesco che distolse, almeno a tratti, la passione di mio padre dai dipinti antichi, perché -come accadde in seguito a me- venne rapito da questa effervescenza di bellezza e di vitalità, da questo inno all’umanità che si poteva in qualche modo plasmare e che va oltre il Natale ed
allieta tutte le stagioni dell’anno così come quelle della vita di chi ne resta per sempre affascinato.
Grazie a Marco, quest’anno vivrò ancora più intensamente l’emozione di ammirare le statue della collezione, condividendola con i tanti che verranno sorpresi e colpiti da tanta bellezza, unita a tanta vitalità, poste fuori del tempo, eterne; ed a quel sentire parteciperà, in qualche modo, anche chi per la prima volta non potrà essere presente.”
Gabriele Bordoni

EVENTI E MOSTRE AI Musei Civici d’Arte Antica
Capolavori del Presepe napoletano del Settecento dalla Collezione Bordoni

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